Gin

Il gin è un distillato di mosto fermentato di cereali, solitamente granoturco, frumento e orzo, che viene aromatizzato con ginepro, spezie, agrumi, fiori, bacche e vari ingredienti scelti dal mastro distillatore: i cosiddetti botanicals.
Negli ultimi anni stiamo vivendo il Rinascimento del gin, è la bevanda spiritosa del momento, c’è un fermento incredibile, siamo invasi da fiumi di nuovi gin che escono continuamente, tutti particolari, fatti con botanicals sempre più inconsueti.
Ma in realtà non sono gin strambi, anzi il gin si sta legando a molti territori e alla fantasia dei distillatori più dotati, che riescono a trovare combinazioni esaltanti. E questo ci porta a pensare che il gin sia un capolavoro alchemico, è il distillato che più cangiante, quello che può essere manipolato e scolpito dalla creatività di chi lo fa. E la sua natura apolide lo rende perfetto per esaltare alcuni botanicals unici: basta pensare ad alcuni grandi gin come il Death’s Door, rinomato per la qualità assoluta del grano con cui è fatto, l’Aviation che è un giardino di profumi, ma anche gin italiani come il Roby Marton’s gin fatto con liquirizia o il gin Primo, aromatizzato con sale di Cervia.
Se il gin è stato per secoli il distillato più bistrattato e cheap, quello che ha nutrito i sogni di intere generazioni di proletari fin dal 1700, oggi è diventato un cigno splendente, uno dei distillati più dinamici ed eleganti, tanto che lo si può anche tranquillamente bere liscio, non per forza va miscelato con altri ingredienti.
E con il ritorno del gin si parla molto della sua storia, dell’origine del gin, di come e dove sia nato. Tutto parte dai monaci, come sempre sono stati loro a preservare il sapere antico e a fare le prime prove di distillazione con alcol e ginepro. Certo il loro era un tentativo non a scopo di ebrezza, ma di conoscenza e cercavano di creare un olio terapeutico con il ginepro, un rinomato antinfiammatorio conosciuto fin dall’antichità per le sue virtù benefiche. Sembra che i monaci della costiera amalfitana abbiano fatto i primi esperimenti, ma questo caso di serendipità non dà il via all’ascesa del gin come distillato.
Dobbiamo aspettare molti secoli, fino al 1600, quando il Dottor Silvius creò il suo Genever un distillato di alcol e oli essenziali di ginepro, che riscosse immediatamente un successo incredibile come tonico e medicinale, tanto che fu prescritto anche ai marinai olandesi.
Ma i Paesi Bassi ai tempi erano uno dei crocevia mondiali e così gli inglesi conobbero e si innamorarono a primo sorso e adottarono il Genever, che prima divenne Geneva e infine Gin. Da rimedio miracoloso a bevanda popolare la sua crescita non si fermò più, tanto che nel 1751 fu tassato per limitare frodi e abusi alcolici.
Da quel momento sorsero le prime distillerie serie e si delineò uno stile preciso di gin, che diventò poi il London Dry Gin, un distillato non molto profumato, molto resinoso e pieno di vigore alcolico. Il distillato base fatto solo con il ginepro era grezzo e troppo pungente, così, grazie anche all’abbondanza di spezie indiane, non dimentichiamoci che gli Inglesi hanno conquistato mezzo mondo, vennero aggiunti altri botanicals come cardamomo, pepe, agrumi e coriandolo.
È curioso notare come siano spesso l’inventiva e la curiosità (sete?) inglese a fare scattare i grandi momenti della storia delle bevande spiritose. Pensate al vino di Porto, al vino di Marsala, al gin, al whisky, al bourbon whiskey, ma anche al vino di Bordeaux e allo Champagne, ci sono sempre clienti e commercianti inglesi dietro queste piccoli rivoluzioni dell’alcol. Chiusa parentesi e prepariamoci a varcare le soglie di una distilleria di gin!

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